E se la gentilezza fosse un investimento?

Un giorno, durante un colloquio, un candidato mi ha parlato della “gentilezza” come una delle sue migliori skill. Non me lo aspettavo, devo dire, ma questo episodio mi ha dato la possibilità di riflettere e pormi un quesito: “se tante persone la pensassero allo stesso modo, il mondo del lavoro non sarebbe diverso?”.

Ma come si può sopravvivere se si è dotati di troppa gentilezza sul posto di lavoro? In un ambiente che -magari- è molto competitivo o non premia il talent o, anzi, vede questa caratteristica come una debolezza? 

Intanto definiamo gentilezza. Gentilezza non significa essere “troppo buoni” o, in gergo iper-tecnico, “fessi” 😉 

Essere gentili vuol dire mostrarsi disponibili e cordiali nei confronti di propri collaboratori, clienti o responsabili, senza per questo dover rinunciare al rispetto di se stessi e del proprio ruolo.

Spesso la gentilezza sul lavoro -in Italia- è vista come qualcosa che riguarda solo alcuni ruoli: ho sentito molte persone dire che “bisogna essere aggressivi, competitivi e combattere”.

Siamo in guerra? No, o almeno non dovremmo esserlo. Associare il lavoro a un porto sicuro, invece che a un campo di battaglia, migliorerebbe il clima fra colleghi e il benessere personale. 

Qualche anno fa ho avuto un grande mentore. In una conversazione, il mio vecchio responsabile mi disse: “se vuoi creare una comunità devi dare gentilezza, approvazione e creare una rete di sostegno”. Mi fece degli esempi pratici, che poi ho visto funzionare sul campo, e da quel momento ho capito che l’essere gentili è un investimento a lungo termine verso la community in cui ti trovi: online, offline, di clienti, di collaboratori ecc.. 

Quindi, oggi, in che modo investiresti in gentilezza per far crescere la tua community e te stesso come professionista moderno? 

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