Com è cambiata la mia vita da quando ho scoperto i diritti assertivi

Stavo creando un corso sull’assertività e nel mentre pensavo a come gestisco la mia. Una volta finito il corso, ero soddisfatta, pensavo di essere abbastanza in linea e avere una buona gestione.

Ma qualche giorno fa ero davanti allo specchio e d’improvviso sono stata assalita da una sensazione di impotenza causata da una situazione che stavo vivendo, un po’ di paura mista a un litro d’ansia e un pizzico di tristezza: formula magica per un inizio di giornata ideale. 

Ma è successa una cosa che non era mai avvenuta prima: ho sentito una voce, non una voce vera (per ora non soffro di schizofrenia) ma una nuova vocina nella mia testa che mi ha detto “hai il diritto di arrabbiarti e di parlarne”. 

Questa nuova vocina nella mia testa, o nuova parte di me, era un mio diritto assertivo che si faceva sentire, che si era intromessa piano piano durante il mio studio sull’assertività. Quella sensazione di impotenza è diventata più sopportabile e sono riuscita ad affrontare un discorso scomodo con grande calma e sorprendentemente è andata bene, nessuno è morto! 

Quella vocina da quel giorno è comparsa più volte ed io la ascolto volentieri, perché mi fa sentire più forte, perché ho dei diritti che a livello inconscio non sapevo di avere anche se logicamente li conoscevo. 


Ora vi racconto cosa sono i diritti assertivi e come possono influire sulla personale autostima, e a sua volta come l’autostima derivi anche dal mettere in pratica i propri diritti assertivi: è un circolo virtuoso di sensazioni piacevoli e di forza che crea un pilastro importante anche per la propria vita professionale. 


Partiamo dai diritti assertivi. 

I diritti assertivi si possono considerare come una sorta di “linea guida”, un parametro di riferimento in base al quale osservare la relazione: essa è assertiva se tali diritti vengono rispettati; se invece sta assumendo caratteristiche di passività o aggressività vuol dire che i diritti degli interlocutori vengono violati.

Your.

Ecco alcuni dei nostri diritti assertivi. Pronti? Un bel respiro e partiamo:

  • Il diritto di essere se stessi. 
  • Il diritto di dire “No” senza sentirsi in colpa.
  • Il diritto di agire in modo da difendere il proprio valore e la propria dignità senza ledere l’integrità altrui. 
  • Il diritto di avere bisogni e necessità anche diversi da quelli delle altre persone. 
  • Il diritto di chiedere (ma non di pretendere!) ciò di cui si ha bisogno. 
  • Il diritto di giudicare il proprio comportamento, i propri pensieri, le proprie emozioni e di assumersene la responsabilità, accettandone le conseguenze. 
  • Il diritto di non offrire ragioni o scuse per giustificare il proprio comportamento.
  • Il diritto di dire “Non so” o “Non capisco”. 
  • Il diritto di cambiare opinione. 
  • Il diritto di commettere errori e di assumersene la responsabilità. 
  • Il diritto di valutare se assumersi o meno la responsabilità di trovare soluzioni ai problemi altrui. 
  • Il diritto di non rendere sempre al massimo delle proprie possibilità. 

(Baggio, 2004; Bauer et al., 2002; Pedrotti, 2008).

Quando ho letto questa lista, ne sono rimasta colpita e mi sono chiesta come aiutare me stessa e gli altri ad esercitare questi diritti con consapevolezza. Perché chiaramente sta tutto nell’equilibrio. 

Chi ha la tendenza ad esercitarli troppo senza tener di conto dei diritti altrui può degenerare in comportamenti aggressivi; invece, chi mette i diritti degli altri sempre davanti ai suoi avrà una modalità passiva.

La cosa più difficile è esercitare i propri diritti senza aggiungere neanche un pezzetto di rabbia: il limite più grande che ho trovato in chi ha una modalità passiva è che per lui/lei esercitare un diritto come “dire di no” vuol dire o litigare con qualcuno o per forza tirare fuori una comunicazione così aggressiva da rovinare qualcosa. 

Facciamo un esempio delle tre modalità – passiva, aggressiva e assertiva – all’interno di un ambiente lavorativo.

  • Tizio mi chiede di finire per lui una presentazione perché non ha tempo, ma io sono piena di lavoro, e quindi dovrò lavorare la domenica per farlo. Dico di sì, me ne pento subito ma consegno tutto comunque. 
  • Tizio mi chiede di finire per lui una presentazione perché non ha tempo, ma io sono piena di lavoro, e quindi dovrò lavorare la domenica per farlo. Dico di no, ma aggiungo che se vuole spostare la deadline della presentazione alla settimana successiva posso aiutarlo da lunedì in poi. 
  • Tizio mi chiede di finire per lui una presentazione perché non ha tempo, ma io sono piena di lavoro, e quindi dovrò lavorare la domenica per farlo. Dico assolutamente di no, e che se prende un impegno lo deve portare a termine e non può aspettarsi che lo faccia qualcuno al posto suo. 

È un esempio molto semplicistico delle diverse modalità (scusate, usare il nome Tizio mi ha fatto sorridere mentre scrivevo!).

Adesso riprendiamo anche il concetto dell’autostima. Se assertività e autostima sono collegate, come possiamo aiutare la nostra autostima a crescere e diventare più solida? 
Un piccolo passo potrebbe essere quello di provare a pensare a quale sarebbe un nostro diritto, le possibili conseguenze, se stiamo rispettando anche gli altri e come ci sentiremmo ad esercitarlo. 


A parte un possibile processo di visualizzazione, finché non ci lavoriamo in modo consapevole è difficile capire come funzionano le nostre dinamiche. Quindi, tanto per cambiare, vi propongo qualche domanda. 

1- Hai una modalità comunicativa più passiva, aggressiva o assertiva? 

2- Se è passiva, qual è la paura più grande che ti viene quando stai per esercitarne uno?

3- Se è aggressiva, quali sono i diritti degli altri che non stai prendendo in considerazione? 

4- Quali diritti ti piacerebbe esercitare di più tra quelli della lista? 

5- Quali sono le conseguenze se lo facessi? 

6- Quando e come farai il primo passo?

Ti auguro di sentire quella vocina e trovare un equilibrio rispettando i diritti tuoi e degli altri.

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